La rinuncia all'eredità è l'atto con il quale il chiamato all'eredità dichiara di non volerla accettare, ad esempio perché i debiti del defunto sono superiori ai crediti. In tale eventualità, si deve rinunciare espressamente per mezzo di una dichiarazione ricevuta dal Notaio o effettuata dal Cancelliere del Tribunale del Circondario in cui si è aperta la successione, altrimenti si considera come non avvenuta. E’ opportuno effettuare la rinuncia prima della presentazione della denuncia di successione o comunque prima di dividere l’eredità. La rinuncia all'eredità non può essere sottoposta ad una condizione o ad un termine, né può essere limitata solo ad una quota parte dell'eredità stessa. I creditori del chiamato all'eredità che ritenessero di essere stati danneggiati dalla sua rinuncia possono farsi autorizzare ad accettare l'eredità in nome e per conto del rinunziante, al solo scopo di soddisfarsi sui beni ereditari, sino alla concorrenza dei loro crediti (art. 2900 cod.civ.). La possibilità di rinunciare si ha fino a quando non si è perduto il diritto di accettare l'eredità e nello specifico:
- Se si è in possesso di beni ereditari: tre mesi dal decesso (art. 458 codice civile);
- Se non si è in possesso dei beni ereditari: fino alla prescrizione del diritto (10 anni).
Il chiamato all'eredità perde la facoltà di rinunciare se sottrae i beni ereditari o se comunque ha venduto o donato beni di appartenenza del defunto. La rinuncia, a differenza dell'accettazione, è sempre revocabile; il rinunziante, se non è passato il termine di prescrizione di dieci anni, ha il diritto di accettare fino a che, in seguito al suo rifiuto, un chiamato di grado ulteriore non abbia a sua volta accettato.
Nel caso di interdetti, inabilitati o minori, il tutore o il genitore deve chiedere l’autorizzazione per la rinuncia all’eredità del minore al Giudice Tutelare del luogo di residenza del minore o del tutore.